Ciò che non esprimo muore.
Non voglio che nulla muoia in me.
Il mio orgasmo è consumarmi
fino ai detriti della pazzia
il mio orgasmo è risparmiarmi,
non perdere una lacrima...
Mi scuote una febbre di maniaco
al pensiero di giungere tardi
di perdere un istante: troppa vita
deve affrontare questo vivo
che io nutro senza averne forze.
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miércoles, 2 de noviembre de 2016
io so come esser santo, e non lo sono
41 años sin Pier Paolo y sin respuestas oficiales sobre su asesinato.
para mí entra en la categoría de animales extinguidos por el hombre
sábado, 27 de febrero de 2016
La Rivoluzione non è che un sentimento
L'alba
meridionale
Torno, ritrovo il fenomeno della fuga
del capitale, l’epifenomeno (infimo)
dell’avanguardia. La polizia tributaria
(quasi accertamento filosofico
sugli incartamentidi un poeta)
fruga in quel fatto privato che sono i soldi,
contaminati da carità, dolenti
di inspiegabili consunzioni, e pieni
di senso di colpa, come il corpo da ragzzi:
però con mia gongolante leggerezza perché qua,
non c’è da accertare nulla, se non la mia ingenuità.
Torno, e trovo milioni di uomini occupati
soltanto a vivere come barbari discesi
da poco su una terra felice, estranei
ad essa, e suoi possessori. Così nella vigilia
della Preistoria che a tutto ciò darà senso,
riprendo a Roma le mie abitudini
di bestia ferita, che guarda negli occhi,
godendo del morire, i suoi feritori...
.
Torno... e una sera il mondo è nuovo,
una sera in cui non accade nulla - solo,
corro in macchina - e guardo in fondo
all’azzurro le case del Prenestino –
le guardo, non me ne accorgo, e invece,
quest’immagine di case popolari
dentro l’azzurro della sera, deve
restarmi come un’immagine del mondo
(davvero chiedono gli uomini altro che vivere?)
- case qui piccole, muffite, di crosta bianca,
là alte, quasi palazzi, isole color terra,
galleggianti nel fumo che le fa stupende,
sopra vuoti di strade infossate, non finite,
nel fango, sterri abbandonati, e resti
d’orti con le loro siepi - tutto tacendo
come per notturna pace, nel giorno. E gli uomini
che vivono in quest’ora al Prenestino
sono affogati anch’essi in quelle strie
sognanti di celeste con sognanti lumi
- quasi in un crepuscolo che mai
si debba fare notte - quasi consci,
in attesa di un tram, alle finestre,
che l’ora vera dell’uomo è l’agonia -
e lieti, quasi, di ciò, coi loro piccoli,
i loro guai, la loro eterna sera -
ah, grazia esistenziale degli uomini,
vita che si svolge, solo, come vera,
in un paesaggio dove ogni corpo è solo
una realtà lontana, un povero innocente.
.
Torno, e mi trovo, prima d’un appuntamento
da Carlo o Carlone, da Nino a Via Rasella
o da Nino a Via Borgognona, in una zona
oggetto di mie sole frequentazioni...
Due o tre tram e migliaia di fratelli
(col bar luccicante sullo spiazzo,
e il dolore, spento nelle coscienze italiane,
d’essere poveri, il dolore del ritorno a casa,
nel fango, sotto nuove catene di palazzi)
che lottano, si colpiscono, si odiano tra loro,
per la meta di un gradino sul tram, nel buio,
nella sera che li ignora, perduti in un caos
che il solo fatto d’appartenere a un rione remoto
lo delude nel suo essere una cosa reale.
Io mi ritrovo il vecchio cuore, e pago
il tributo ad esso, con lacrime
ricacciate, odiate, e nella bocca
le parole della bandiera rossa,
le parole che ogni uomo sa, e sa far tacere.
Nulla è mutato! siamo ancora negli Anni Cinquanta!
siamo negli Anni Quaranta! prendete le armi!
Ma la sera è più forte di ogni dolore.
Piano piano i due tre tram la vincono
sulle migliaia di operai, lo spiazzo
è quello dei dopocena, sul fango, sereno,
brilla il chiaro d’una baracca di biliardi,
la poca gente fa la coda, nel vento
di scirocco di una sera del Mille, aspettando
il suo tram che la porti alla buia borgata.
La Rivoluzione non è che un sentimento.
El alba meridional
Vuelvo, encuentro de nuevo el fenómeno de la fuga
de capitales, el epifenómeno (ínfimo)
de la vanguardia. La brigada de delitos monetarios
(averiguación casí filosófica
en los expedientes de un poeta)
hurga en ese hecho privado que es el dinero
contaminado por la caridad, doliente
de inexplicables consunciones, y lleno
de sentido de culpa, como el cuerpo de jóvenes,
pero con alborozada ligereza porque aquí
no hay nada por averiguar sino mi propia ingenuidad.
Vuelvo, y me encuentro con millones de hombres afanados
tan sólo en vivir como bárbaros recién bajados
a una tierra feliz, ajenos
a ella y de ella dueños. De modo que en la vigilia
de la Prehistoria que a todo esto proporcionará sentido,
retomo en Roma mis costumbres
de bestia herida que, gozando de la muerte,
mira a los ojos a sus verdugos…
.
Vuelvo… y una noche el mundo se hace nuevo,
una noche en la que no pasa nada – corro
solo en el coche – y miro al fondo
del azul las casas del Prenestino-
las miro, no me fijo en ellas y, sin embargo,
esta imagen de casas populares
en el azul del anochecer va a quedar
en mí como una imagen del mundo
(¿en serio piden los hombres algo más que vivir?)
- aquí casas pequeñas, enmohecidas, con costras blancas,
allí altas, casi palacios, islas de color tierra,
flotando en el humo que las magnifica,
sobre vacíos de calles con baches, inacabadas
en el fango, escombros abandonados y restos
de huertos con sus setos – callando todo,
como nocturna paz en el día. Y los hombres
que a esta hora viven en el Prenestino
están, también ellos, ahogados en esas estrías
soñando con celeste y con luces de sueño
- como un crepúsculo que nunca
anocheciese - casi conscientes,
mientras esperan de un tranvía, en las ventanas,
de que la hora verdadera del hombre es la agonía -
y casi contentos de ello, con sus pequeños,
sus problemas, su tarde eterna -
ay, gracia existencial de los hombres,
vida que tiene lugar, como verdadera, sólo
en un paisaje donde cada cuerpo
no es más que una realidad lejana, un pobre inocente.
.
Vuelvo, y me encuentro, antes de una cita
en casa de Carlo o Carlone, en la de Nino en Via Rasella
o en la de Nino en Via Borgognona, en una zona
objeto de mis solitarias incursiones…
Dos o tres tranvías y millones de hermanos
(el bar brillando en el descampado
y el dolor de ser pobres apagado
en las consciencias italianas, el dolor de la vuelta
a casa por el barro, bajo cadenas nuevas deedificios)
que luchan, se golpean, se odian entre sí,
por alcanzar un escalón en el tranvía, en la oscuridad,
en la noche que les ignora, perdidos en un caos
que el mero hecho de pertenecer a un suburbio alejado
le desilusiona en su ser cosa real.
Reencuentro mi viejo corazón y pago
el correspondiente tributo, con lágrimas
tragadas, odiadas, y en la boca
las letra de la bandera roja,
las palabras que todo el mundo sabe y sabe hacer callar.
¡Nada ha cambiado! ¡Seguimos en los años Cincuenta!
¡Seguimos en los años Cuarenta! ¡A las armas!
Pero la noche es más fuerte que cualquier dolor.
Poco a poco los dos o tres tranvías vencen
a los miles de obreros, el descampado
es ese de las sobremesas, sobre el barro, sereno,
brilla el resplandor de una caseta de billares,
la escasa gente hace cola al viento
del anochecer, siroco del año mil, esperando
el tranvía que le devuelva a su oscura barriada.
La Revolución es tan sólo un sentimiento.
Torno, ritrovo il fenomeno della fuga
del capitale, l’epifenomeno (infimo)
dell’avanguardia. La polizia tributaria
(quasi accertamento filosofico
sugli incartamentidi un poeta)
fruga in quel fatto privato che sono i soldi,
contaminati da carità, dolenti
di inspiegabili consunzioni, e pieni
di senso di colpa, come il corpo da ragzzi:
però con mia gongolante leggerezza perché qua,
non c’è da accertare nulla, se non la mia ingenuità.
Torno, e trovo milioni di uomini occupati
soltanto a vivere come barbari discesi
da poco su una terra felice, estranei
ad essa, e suoi possessori. Così nella vigilia
della Preistoria che a tutto ciò darà senso,
riprendo a Roma le mie abitudini
di bestia ferita, che guarda negli occhi,
godendo del morire, i suoi feritori...
.
Torno... e una sera il mondo è nuovo,
una sera in cui non accade nulla - solo,
corro in macchina - e guardo in fondo
all’azzurro le case del Prenestino –
le guardo, non me ne accorgo, e invece,
quest’immagine di case popolari
dentro l’azzurro della sera, deve
restarmi come un’immagine del mondo
(davvero chiedono gli uomini altro che vivere?)
- case qui piccole, muffite, di crosta bianca,
là alte, quasi palazzi, isole color terra,
galleggianti nel fumo che le fa stupende,
sopra vuoti di strade infossate, non finite,
nel fango, sterri abbandonati, e resti
d’orti con le loro siepi - tutto tacendo
come per notturna pace, nel giorno. E gli uomini
che vivono in quest’ora al Prenestino
sono affogati anch’essi in quelle strie
sognanti di celeste con sognanti lumi
- quasi in un crepuscolo che mai
si debba fare notte - quasi consci,
in attesa di un tram, alle finestre,
che l’ora vera dell’uomo è l’agonia -
e lieti, quasi, di ciò, coi loro piccoli,
i loro guai, la loro eterna sera -
ah, grazia esistenziale degli uomini,
vita che si svolge, solo, come vera,
in un paesaggio dove ogni corpo è solo
una realtà lontana, un povero innocente.
.
Torno, e mi trovo, prima d’un appuntamento
da Carlo o Carlone, da Nino a Via Rasella
o da Nino a Via Borgognona, in una zona
oggetto di mie sole frequentazioni...
Due o tre tram e migliaia di fratelli
(col bar luccicante sullo spiazzo,
e il dolore, spento nelle coscienze italiane,
d’essere poveri, il dolore del ritorno a casa,
nel fango, sotto nuove catene di palazzi)
che lottano, si colpiscono, si odiano tra loro,
per la meta di un gradino sul tram, nel buio,
nella sera che li ignora, perduti in un caos
che il solo fatto d’appartenere a un rione remoto
lo delude nel suo essere una cosa reale.
Io mi ritrovo il vecchio cuore, e pago
il tributo ad esso, con lacrime
ricacciate, odiate, e nella bocca
le parole della bandiera rossa,
le parole che ogni uomo sa, e sa far tacere.
Nulla è mutato! siamo ancora negli Anni Cinquanta!
siamo negli Anni Quaranta! prendete le armi!
Ma la sera è più forte di ogni dolore.
Piano piano i due tre tram la vincono
sulle migliaia di operai, lo spiazzo
è quello dei dopocena, sul fango, sereno,
brilla il chiaro d’una baracca di biliardi,
la poca gente fa la coda, nel vento
di scirocco di una sera del Mille, aspettando
il suo tram che la porti alla buia borgata.
La Rivoluzione non è che un sentimento.
El alba meridional
Vuelvo, encuentro de nuevo el fenómeno de la fuga
de capitales, el epifenómeno (ínfimo)
de la vanguardia. La brigada de delitos monetarios
(averiguación casí filosófica
en los expedientes de un poeta)
hurga en ese hecho privado que es el dinero
contaminado por la caridad, doliente
de inexplicables consunciones, y lleno
de sentido de culpa, como el cuerpo de jóvenes,
pero con alborozada ligereza porque aquí
no hay nada por averiguar sino mi propia ingenuidad.
Vuelvo, y me encuentro con millones de hombres afanados
tan sólo en vivir como bárbaros recién bajados
a una tierra feliz, ajenos
a ella y de ella dueños. De modo que en la vigilia
de la Prehistoria que a todo esto proporcionará sentido,
retomo en Roma mis costumbres
de bestia herida que, gozando de la muerte,
mira a los ojos a sus verdugos…
.
Vuelvo… y una noche el mundo se hace nuevo,
una noche en la que no pasa nada – corro
solo en el coche – y miro al fondo
del azul las casas del Prenestino-
las miro, no me fijo en ellas y, sin embargo,
esta imagen de casas populares
en el azul del anochecer va a quedar
en mí como una imagen del mundo
(¿en serio piden los hombres algo más que vivir?)
- aquí casas pequeñas, enmohecidas, con costras blancas,
allí altas, casi palacios, islas de color tierra,
flotando en el humo que las magnifica,
sobre vacíos de calles con baches, inacabadas
en el fango, escombros abandonados y restos
de huertos con sus setos – callando todo,
como nocturna paz en el día. Y los hombres
que a esta hora viven en el Prenestino
están, también ellos, ahogados en esas estrías
soñando con celeste y con luces de sueño
- como un crepúsculo que nunca
anocheciese - casi conscientes,
mientras esperan de un tranvía, en las ventanas,
de que la hora verdadera del hombre es la agonía -
y casi contentos de ello, con sus pequeños,
sus problemas, su tarde eterna -
ay, gracia existencial de los hombres,
vida que tiene lugar, como verdadera, sólo
en un paisaje donde cada cuerpo
no es más que una realidad lejana, un pobre inocente.
.
Vuelvo, y me encuentro, antes de una cita
en casa de Carlo o Carlone, en la de Nino en Via Rasella
o en la de Nino en Via Borgognona, en una zona
objeto de mis solitarias incursiones…
Dos o tres tranvías y millones de hermanos
(el bar brillando en el descampado
y el dolor de ser pobres apagado
en las consciencias italianas, el dolor de la vuelta
a casa por el barro, bajo cadenas nuevas deedificios)
que luchan, se golpean, se odian entre sí,
por alcanzar un escalón en el tranvía, en la oscuridad,
en la noche que les ignora, perdidos en un caos
que el mero hecho de pertenecer a un suburbio alejado
le desilusiona en su ser cosa real.
Reencuentro mi viejo corazón y pago
el correspondiente tributo, con lágrimas
tragadas, odiadas, y en la boca
las letra de la bandera roja,
las palabras que todo el mundo sabe y sabe hacer callar.
¡Nada ha cambiado! ¡Seguimos en los años Cincuenta!
¡Seguimos en los años Cuarenta! ¡A las armas!
Pero la noche es más fuerte que cualquier dolor.
Poco a poco los dos o tres tranvías vencen
a los miles de obreros, el descampado
es ese de las sobremesas, sobre el barro, sereno,
brilla el resplandor de una caseta de billares,
la escasa gente hace cola al viento
del anochecer, siroco del año mil, esperando
el tranvía que le devuelva a su oscura barriada.
La Revolución es tan sólo un sentimiento.
miércoles, 22 de julio de 2015
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